Il coltivatore di canapa indiana salva l'auto dalla confisca

Il coltivatore di canapa indiana salva l'auto dalla confisca A un uomo che coltivava cannabis è stata restituita la vettura. Non la utilizzava in modo esclusivo per le colture proibite

A un uomo che coltivava cannabis è stata restituita la vettura. Non la utilizzava in modo esclusivo per le colture proibite, quindi non era strumento per commettere reati

6 Settembre 2011 - 11:09

Se vi è venuta la (pessima) idea di mettervi a coltivare cannabis, protreste rimediare parecchi anni di galera, ma almeno salverete la macchina con la quale vi recavate a controllare la buona crescita delle “piantine”.

LA USAVA SOLO OGNI TANTO – L'ha stabilito una sentenza della corte di cassazione (la n° 26667/2011) che ha annullato la confisca dell'auto di un 51enne cagliaritano nella proprietà del quale le forze dell'ordine avevano rinvenuto 1.145 piante di canapa indiana, proibite per legge. L'uomo era stato condannato a 10 anni di reclusione, a 100 mila euro di sanzioni e alla confisca della vettura, ma era ricorso in appello e anche in cassazione contro quest'ultimo provvedimento. I giudici di terza istanza, confermando le altre condanne, hanno accolto la sua ultima richiesta chiarendo che «Non altrettanto corretta ed esente da vizi è la motivazione addotta in ordine alla disposta confisca dell'autovettura il cui uso, valutato come funzionale a raggiungere l'azienda agricola in modo autonomo ed anonimo, non può ritenersi ad esso strumentale, non risultando il veicolo oggettivamente e specificamente predisposto, anche attraverso modificazioni, per l'attività criminosa in questione».

MANCA L'”ASSERVIMENTO” – Insomma, «la confisca facoltativa di cui l'articolo 240, comma primo del Codice Penale è legittima quando sia dimostrata la relazione di asservimento tra cosa e reato, nel senso che la prima deve essere oggettivamente collegata al secondo non da un rapporto di mera occasionalità, ma da uno stretto nesso strumentale, il quale riveli effettivamente la probabilità del ripetersi di un'attività punibile. È cioé necessario un collegamento stabile con l'attività criminosa che esprima con essa un rapporto funzionale». Nel caso in questione, invece, è vero che il condannato utilizzava la macchina anche per recarsi sull'appezzamento di terreno coltivato a cannabis, ma non si trattava di un uso esclusivo per questa attività e non violava nemmeno il Codice della Strada. In ogni caso, i giudici non hanno ritenuto di poter trarre la conclusione che il veicolo costituisse necessario e indispensabile strumento per la reiterazione o la prosecuzione del reato.

ASILI, SUPERMERCATI E… RAPINE – Le sentenze non si possono discutere, ma commentare sì. In questo caso il nostro commento è che d'ora in poi anche un veicolo impiegato, ad esempio, per rapinare banche o per la classica “spaccata” in una gioielleria o per svellere una postazione bancomat, qualora non sia stato appositamente modificato, non può essere confiscato se il malvivente lo utilizza “prevalentemente” per andare a fare la spesa o per portare i figli all'asilo, e solo “saltuariamente” per le sue imprese criminose. Con buona pace per la sicurezza stradale…

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