
Di fronte al caro carburanti, la Spagna abbassa i limiti di velocità e il prezzo di biglietti ferroviari. Da noi, solo qualche sporadica iniziativa locale. E Trenitalia disincentiva l'uso del treno
Le tensioni sociali in alcuni Paesi grandi produttori di petrolio stanno causando, com'era facile prevedere, pesanti ripercussioni sul prezzo del greggio e, manco a dirlo, su quello dei carburanti alla pompa. Anche in Italia, complice la seconda rivoluzione libica (dopo quella del 1969), il loro prezzo ha registrato una fiammata: ormai al Sud la benzina ha superato 1,6 euro al litro e il gasolio 1,48 euro, livelli mai registrati in precedenza. Gli automobilisti, ovviamente, storcono il naso di fronte al salasso, e la stampa, altrettanto ovviamente, può cavalcare l'onda del populismo tirando in ballo fino alla nausea i soliti ritornelli: quello (praticamente indimostrabile) del cartello dei prezzi tra le compagnie petrolifere, oppure quello dei carburanti che rincarerebbero all'istante quando il greggio rincara, ma non scenderebbero altrettanto rapidamente di prezzo quando le quotazioni dell'oro nero si sgonfiano.
L'INDICE CHE CONTA – È quasi incredibile, e anche un po' scandaloso, che molte testate giornalistiche, comprese alcune specializzate e blasonate, ignorino (o fingano di ignorare) che il prezzo dei carburanti non è tanto ancorato alle quotazioni del greggio quanto a quelle dei prodotti per autotrazione “finiti” (cioè, “raffinati”) espressi dai cosiddetti indici Platt's, dal nome dell'agenzia che li calcola a livello internazionale. Soltanto tali indici tengono conto anche del costo della raffinazione (tutt'altro che trascurabile e che, anzi, rappresenta la vera “bestia nera” dei petrolieri operanti in Italia), e non di quello della sola materia prima, che è soltanto uno degli aspetti di cui tener conto.
LE LEGGI DEL MERCATO – Quanto sopra basterebbe a svuotare di significato molti ragionamenti che periodicamente fanno capolino nelle edicole e sul web. Ma tornando alla componente “prezzo del greggio”, la realtà è che le leggi del mercato valgono per tutti i beni e le “commodities”, petrolio compreso. Il che significa che quando la richiesta di un determinato prodotto aumenta oppure l'offerta diminuisce, il suo prezzo sale, e viceversa. È accaduto così per il platino e il palladio dopo l'avvento delle marmitte catalitiche che li contengono. È accaduto lo stesso per le prime Bmw X3, che da noi si vendevano con sconto zero (e tante grazie per la consegna a “soli” otto mesi) perché gli italiani ne chiedevano molte più di quante ne arrivassero. Accade ora per il caucciù necessario alla fabbricazione degli pneumatici, il cui prezzo sale perché la sua disponibilità è messa in pericolo dall'incessante domanda cinese e dalle inondazioni che hanno devastato le piantagioni asiatiche di alberi della gomma. Accadrà in futuro per il litio se le strade si riempiranno di vetture elettriche e l'industria non riuscirà a trovare un valido sostituto per quel metallo alcalino necessario a fabbricare le batterie. Insomma, se i Paesi che galleggiano sul petrolio vengono scossi da terremoti socio-politici che suscitano apprensioni sui flussi estrattivi, non si vede per quale motivo l'oro nero dovrebbe sottrarsi alle ferree leggi del mercato.
Quindi, a parte l'ovvia considerazione che il prezzo del greggio tornerà a scendere non appena la situazione della Libia e degli altri Paesi produttori si stabilizzerà, è il caso di formularne un'altra: più che stracciarsi le vesti per le sgradevoli conseguenze della legge della domanda e dell'offerta, forse sarebbe meglio cercare di limitare il suo impatto sulle nostre tasche. In Spagna, per esempio, qualcosa si tenta di fare. Il governo Zapatero ha calcolato che ogni aumento di 10 dollari delle quotazioni del greggio sottrae sei miliardi di euro l'anno alle casse statali. Forse è un calcolo esatto, o forse no. Ma ecco comunque una soluzione: dal prossimo 7 marzo, il limite di velocità sulle autostrade iberiche passerà dagli attuali 120 km/h a 110, esattamente com'è già accaduto in Francia. Tutto qui? No: le tariffe dei biglietti ferroviari saranno tagliate del 7%. Secondo le previsioni, grazie ai nuovi limiti di velocità in Spagna si consumerà il 15% di benzina e l'11% di gasolio in meno. Non è certo che i “110” porteranno ai risultati previsti, e in un altro articolo SicurAUTO ha espresso qualche perplessità riguardo ai reali effetti di simili misure sui consumi di carburante e sull'inquinamento. Però è fin troppo facile prevedere che i sudditi di re Juan Carlos, grazie allo sconto del 7%, troveranno i treni più attraenti di prima e questo potrebbe realmente far diminuire i consumi privati di carburante e l'inquinamento.
IL TRENO? NON USATELO – E in Italia, dove sempre si levano alte le voci contro il caro-carburante, che cosa si fa? Ebbene, anche da noi qualche amministrazione, per esempio quella della provincia di Milano, ha abbassato i limiti di velocità su alcune strade. Altre ci stanno pensando, ma si tratta comunque di iniziative locali. Dal fronte governativo, invece, tutto tace. O meglio, lo Stato, almeno per quanto riguarda i treni, canta canzoni alquanto stonate. Dal primo gennaio scorso, per esempio, l'amministratore delegato di Trenitalia (azienda statale), Mario Moretti, ha calato la scure sul programma di raccolta-punti Carta Freccia dedicato ai viaggiatori frequenti, che utizzando il treno possono guadagnare premi e biglietti omaggio. Di fatto, con un tempismo che con il senno del poi, dati i fatti libici, ha quasi del miracoloso, Moretti ha azzerato la parte del programma che riguarda i treni regionali e locali, utilizzati in buona parte dai pendolari: d'ora in poi, al contrario di prima, un viaggio su questi convogli non frutterà proprio un bel niente: né punti, né regali, né biglietti omaggio. Insomma, mentre all'estero si cerca di incentivare l'uso del trasporto pubblico per diminuire i consumi privati e i costi della bolletta energetica nazionale, da noi lo Stato, tramite le aziende che controlla, sembra voler fare esattamente il contrario.
andrea
21:39, 7 Marzo 2011Non concordo con l'opinione negativa riguardo il treno in Italia.Trenitalia, tramite biglietti e abbonamenti, incassa solo la metà del costo del servizio; il resto grava sul bilancio dello stato. In ogni caso il treno è parecchio economico: qui in Lombardia, con 68 euro, si fa un abbonamento mensile per 50 km.Calcolando la benzina che si consumerebbe percorrendo la stessa distanza, andata e ritorno, per 20 giorni al mese, facendo 15 km/L, al prezzo di 1,55 ?/L, si ottengono 207?; senza considerare gli altri costi legati alla gestione di un veicolo.
Riccardo
01:15, 8 Marzo 2011Risponde l'autore dell'articoloNon ho espresso alcun giudizio malevolo verso il mezzo ferroviario, né ho sostenuto che sia poco conveniente in assoluto o rispetto all'auto. Ho invece criticato la dirigenza di Trenitalia, che di recente ha dato il via a un impoverimento del programma Carta Freccia che certo non incoraggerà l'utilizzo del treno e sicuramente lo rende meno conveniente. I programmi per viaggiatori frequenti sono studiati proprio per invogliarli a viaggiare di più, ma quando vengono privati di contenuti, ottengono ovviamente l'effetto contrario.