Dopo la sentenza della Consulta, i comuni si affrettano a tarare gli apparecchi. Tenerli fermi è un rischio per la sicurezza
La Corte costituzionale ha provocato un terremoto fra i comuni. Infatti, li ha costretti a tarare gli autovelox mobili, che funzionano in presenza di vigili. In base al codice della strada, prima venivano tarati solo gli autovelox fissi, ma la Consulta ha stabilito che tutti gli apparecchi vanno tarati. Si assiste alla corsa alla taratura delle macchinette da parte delle amministrazioni locali: per la sicurezza, dicono nei corridoi gli assessori ai trasporti. Per continuare a fare cassa, sostengono in maligni. Sia come sia, fra gli enti più reattivi c'è il comune di Torino.
VIA AI CONTROLLI – Nel capoluogo piemontese, infatti, i vigili possono tornare a utilizzare gli autovelox mobili: hanno a disposizione 11 “occhi elettronici”, che sono stati fatti revisionare e certificare al costo di 1.000 euro l'uno, per ricominciare al più presto a fare multe, come promesso nei giorni scorsi dal comandante della polizia municipale Alberto Gregnanini. Le postazioni fisse di controllo della velocità, come quelle di Corso Regina Margherita e Corso Unità d'Italia invece, non hanno mai smesso di funzionare.
RESTA UN VUOTO – L'articolo 45, comma 6, del codice della strada non prevede che tutte le apparecchiature impiegate per l'accertamento dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura: gli autovelox mobili, siccome funzionano in presenza di agenti delle forze dell'ordine, possono anche non essere tarati. La sentenza della Corte costituzionale numero 113 del 18 giugno 2015 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di quell'articolo, a dimostrazione che il nostro codice della strada è scritto malissimo, è pieno di contraddizioni, lascia aperti mille dubbi ed è pure soggetto a diverse interpetazioni. I comuni sono abili ad addentrarsi nei meandri del codice della strada, sfruttarne le debolezze, e in parole povere fare cassa in maniera quantomeno discutibile. Almeno sino a quando non intervengono i magistrati della Corte costituzionale. Per l'Anci (Associazione comuni) dell'Emilia-Romagna, questa sentenza ha lasciato un vuoto normativo che andrebbe tempestivamente colmato per evitare dubbi e ricorsi. Non solo: la confusione è aumentata per via della circolare del ministero dell'Interno numero 300/A/4747/15/144/5/20/5 del 26 giugno 2015 che è stata diversamente interpretata da più parti. Come ricorda l'Anci, il ministero ha specificato che la normativa “non prevede un generalizzato obbligo di taratura anche se la necessità di una verifica periodica è di norma prevista nel manuale d'uso e manutenzione del dispositivo, cui gli organi di polizia stradale devono attenersi. Tale verifica, inoltre, è prevista anche nel decreto di approvazione del singolo apparecchio se può essere utilizzato in modo completamente automatico, cioè senza la presenza di un operatore di polizia stradale”.
QUANDO VUOLE, LA BUROCRAZIA È RAPIDA – Nel caso della spartizione dei proventi degli autovelox fra comuni ed enti proprietari delle strade, i comuni non muovono un dito, in attesa del decreto ministeriale che definisca il codice della strada; nel caso delle multe per sforamento sulle strisce blu, tutto è come prima, nonostante i pareri del ministero dei trasporti; idem per i finti autovelox nei box arancione; stessa solfa per i tempi di notifica superati dai comuni. Invece, per tarare gli autovelox mobili, i comuni sono velocissimi nel mettersi in regola. Segno che la burocrazia, quando vuole, da bradipo si trasforma in lepre. Non sarà mica perché ci sono in ballo tanti soldi, e una parte cospicua di 1,2 miliardi di euro incassati ogni anno dai comuni con le multe?
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