Trasporto pubblico locale: Italia fanalino di coda in Europa

Trasporto pubblico locale: Italia fanalino di coda in Europa Da uno studio effettuato dalla Fondazione ACI 'Filippo Caracciolo'

Da uno studio effettuato dalla Fondazione ACI 'Filippo Caracciolo', l'Italia figura come 'fanalino di coda' dell'Unione Europea

13 Novembre 2012 - 12:11

A noi italiani piace guidare, non c'è dubbio e, nonostante gli “schiaffi” che prendiamo quotidianamente dall'accise sui carburanti e dai costi di gestione (assicurazione in primis), difficilmente riusciamo a staccare le mani dal volante della nostra auto. Tuttavia, ultimamente, proprio a causa del prezzo del carburante, salito alle stelle, c'è stata una sensibile riduzione dell'uso del mezzo privato a favore di quello pubblico. Questo dato però è in netto contrasto con i servizi offerti dagli enti pubblici che, sia su gomma, che su ferro, risultano inadeguati alla richiesta dell'utenza.

1500 EURO ALL'ANNO – L'ACI ha voluto approfondire l'argomento affidando una ricerca alla Fondazione Filippo Caracciolo. I dati che emergono da questo lavoro evidenziano i punti critici della situazione attuale in merito al trasporto pubblico. Dallo studio, intitolato “Il trasporto pubblico locale in Italia: stato, prospettive e confronti internazionali”, si evince un differenziale notevole tra l'Italia e il resto dell'Europa, volutamente chiamato Spread, come il peggiore degli incubi che sta vivendo il nostro Paese da un paio di anni a questa parte, appunto per sottolineare il grado di allarme di questa situazione. Per muoversi in città gli italiani pagano mediamente a testa 1.500 euro l'anno in più rispetto agli altri europei: un'enormità.

IN EUROPA PIU' 'METRO E TRAM' – Il problema è complesso e coinvolge diverse tematiche come ha sottolineato il Professor Ennio Cascetta, presidente del Comitato Scientifico della Fondazione ACI 'Filippo Caracciolo', in occasione di una tavola rotonda tenutasi a Roma l'8 novembre scorso presso la sede centrale dell'ACI: “Un sistema di trasporto pubblico efficace è fondamentale per la qualità della vita, la sostenibilità della mobilità e la competitività delle città italiane. Questo settore sconta ritardi gravissimi rispetto agli altri Paesi Europei, sia in termini di investimenti che di efficienza dei servizi”. Ad esempio: nelle maggiori città europee ci sono mediamente circa 54 km di rete metropolitana per milione di abitanti, a differenza dell'Italia, dove la rete è costituita solo da 20 km per milione di abitanti. Per non parlare dei tram, dove, in Italia, la situazione risulta ancor più deficitaria, con 40 km di rete per milione di abitanti rispetto ai 120/130 km dell'Europa.

MADRID, DA SOLA, BATTE L'ITALIA – “Basti pensare che nella sola Madrid ci sono più chilometri di metropolitana che in tutte le città italiane messe insieme – continua Cascetta -. La crisi economica richiede una radicale inversione di rotta rispetto a un passato di risorse incerte, regole instabili, costi elevati e ricavi bassi”. Infatti, a livello di conto economico i dati sono ancor più sconfortanti: a fronte di costi operativi, mediamente del 30% più alti rispetto al resto d'Europa, tariffe più basse del 40/50% circa a singolo biglietto e drastico taglio di fondi statali, il coefficiente di copertura dei costi risulta nettamente inferiore (- 22,6% circa) rispetto ai principali Paesi europei. “Il trasporto pubblico locale deve diventare una priorità nazionale attraverso un progetto coordinato che preveda investimenti, chiarezza normativa, apertura alla concorrenza, revisione delle politiche della mobilità urbana e aumento della produttività – conclude Cascetta -, si tratta di avviare un ciclo virtuoso che consenta all'Italia di ridurre lo spread della mobilità che oggi penalizza le famiglie e i conti pubblici”.

MEZZI VECCHI – Marcello Panettoni, presidente di Asstra, l'associazione nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale, fa rilevare che l'età del nostro parco circolante su gomma è maggiore (circa 11 anni di media) rispetto al resto dell'Europa, dove l'età dei veicoli ad uso pubblico si attesta sui 7,7 anni. Tale situazione è da imputare principalmente ai tagli sui costi e al blocco dei finanziamenti pubblici per il rinnovo del parco bus. Sempre Panettoni, con una nota polemica, sottolinea il fatto che: “In Italia, fino ad oggi, i costi per il trasporto pubblico, sono stati vissuti sempre come una spesa piuttosto che come investimento”. D'altro canto, come fa notare il sottosegretario al Ministero dell'Industria e dei Trasporti, Guido Improta, un grande problema è rappresentato, spesso e volentieri, dalla dispersione dei fondi europei nel vortice dalle nostre regioni. Purtroppo il nostro Paese paga sempre lo scotto dell'eterno 'braccio di ferro' fra le forze politiche che, inevitabilmente, crea situazioni di stallo sulla crescita se non addirittura di regressione rispetto al resto della UE. Nello specifico settore questa situazione si ripercuote sull'industria nazionale di produzione di autobus e materiale ferro-tramviario, così come sul fronte della Ricerca e Sviluppo. Come conseguenza, l'apparato di trasporto pubblico nazionale risulta fortemente penalizzato ed inadeguato alle richieste del mercato.

UNA POSSIBILE CURA – “Serve una pianificazione coordinata a livello centrale degli investimenti e degli interventi, stimolando un salto di qualità del sistema di trasporto pubblico che deve integrarsi di più con l'auto – ha dichiarato Angelo Sticchi Damiani, presidente dell'ACI -. “In quest'ottica servono anche più parcheggi di scambio, a costi calmierati compresi nel biglietto urbano, per favorire quella plurimodalità di trasporto che è l'unica soluzione perseguibile fin da subito per una mobilità urbana conveniente e sostenibile”.

La “cura” proposta dall'ACI prevede 6 step per raggiungere un target europeo:

  1. Riesaminare le priorità di investimento del comparto dei trasporti nazionali, superando la logica del finanziamento per singole opere e indirizzando le risorse nazionali necessarie per sviluppare gli investimenti in infrastrutture, mezzi e tecnologie per il Trasporto Pubblico Locale
  2. Valutare fonti di finanziamento alternative a livello locale, prendendo ad esempi le misure applica in altri paesi europei,  per recuperare le risorse aggiuntive necessarie per servizi e investimenti
  3. Definire un obbiettivo di fondo che consenta di avviare un percorso di riforme stabile e coerente nel tempo
  4. Aprire il mercato alla concorrenza favorendo i processi di riorganizzazione aziendale ispirati a logiche di merito ed efficienza
  5. Creare un Testo Unico per il TPL che regolarizzi la normativa, risolva incertezze e contraddizioni e introduca le necessarie innovazioni, consentendo finalmente l'apertura di percorsi concorrenziali, la crescita di soggetti industriali di maggiori dimensioni, l'allontanamento del settore dalla sfera di influenza diretta della politica
  6. Rendere operativa entro breve tempo l'Autorità per i Trasporti che, a norma di Legge, dovrebbe svolgere compiti strategici nella regolazione del settore e nella tutela dei cittadini, dando concretezza e impulso ai processi di liberalizzazione avviati

CI CONVICEREMO? – Con un servizio pubblico di qualità, quindi, anche gli “irriducibili del volante” convertendosi a sistemi di trasporto integrati ed efficienti, ne trarrebbero un notevole beneficio: niente più soste forzate nel caotico traffico cittadino, tempi di percorrenza più celeri, nessuna perdita di tempo per la ricerca di parcheggi impossibili, aria più pulita, meno multe e tasche più “gonfie”. A conclusione dell'incontro chiude il Professor Cascetta con una nota positiva illustrando come, nel decennio 2000/2010, la tanto bistrattata provincia di Napoli sia riuscita a far scendere, attraverso importanti investimenti nel settore TPL, l'uso dell'auto personale a quota – 6%, in luogo del + 6%, registrato nelle altre città di Italia. Un differenziale totale, quindi, del 12%. Un segnale ben preciso che “i miracoli” in Italia (San Gennaro a parte) possono accadere.

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1 Commento

Bruno
17:27, 13 Novembre 2012

Il trasporto pubblico urbano in Italia è assolutamente inaffidabile proprio perchè “gestito” dalla pubblica amministrazione. A Roma la situazione bus è drammatica e peggiora sempre più. Autobus di appena 3 anni cascano già a pezzi e li trovi fermi lungo il percorso guasti.Quindi non è un problema di età dei mezzi. i pochi parcheggi vicino le stazioni della metro, sono a pagamento ed in totale stato di abbandono. I furti nelle auto e delle auto sono molto frequenti. Ma se mi fate pagare il parcheggio, uno straccio di sicurezza ci deve pur essere. Negli anni '60 gli autobus funzionavano molto meglio, nonostante la gran massa di passeggeri. Le amministrazioni comunali cercano di scoraggiare l'uso del mezzo privato senza però fornire alternative. Questa è realtà, il resto solo sterili discussioni autoreferenziali.

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