Brexit: l'Inghilterra scuote l'industria auto in Giappone

Brexit: l'Inghilterra scuote l'industria auto in Giappone Il referendum Brexit e la ripresa dello Yen colpiranno fino in Giappone: a rischio le esportazioni e le fabbriche inglesi di Honda

Il referendum Brexit e la ripresa dello Yen colpiranno fino in Giappone: a rischio le esportazioni e le fabbriche inglesi di Honda, Toyota e Nissan

18 Luglio 2016 - 02:07

Che il referendum sulla Brexit sarebbe stato gravido di conseguenze lo sapevano in molti, tranne forse chi ha votato “Leave”. Un esempio su tutti sono le esportazioni verso l'Unione Europea, il principale sbocco del Regno Unito: cosa accadrebbe se dovessero tornare i dazi? Se a questa possibilità si aggiunge il rialzo dello Yen, la situazione per i Costruttori del Sol Levante appare piuttosto difficile.

TERREMOTO REFERENDUM Un report di Unicredit sull'uscita del Regno Unito dalla UE inizia così: “A seguito del voto per l'uscita dall'Unione Europea, il Regno Unito sarà potenzialmente esposto a un periodo prolungato di elevata incertezza politica ed economica. In tale contesto, le aziende rimanderanno le decisioni d'investimento, gli asset rischiosi britannici si svaluteranno inasprendo le condizioni finanziarie e le famiglie potrebbero posticipare i consumi; tutto ciò ridurrà la domanda aggregata. È inoltre probabile che il prodotto potenziale dell'economia diminuisca a causa di minori investimenti e di turbative negli interscambi commerciali”. È proprio quest'ultimo periodo che sembra richiamare direttamente gli scenari, non del tutto rilassanti, dischiusi dalla Brexit (leggi come la Brexit faccia rischiare l'industria dell'auto) e che hanno come protagonisti i costruttori giapponesi, coinvolti anche dall'apprezzamento dello Yen. Honda, per esempio, ha recentemente annunciato che le sue esportazioni dal Giappone verso il Nord America sono aumentate tantissimo nel periodo gennaio-maggio di quest'anno rispetto allo stesso periodo del 2015.

LO YEN FA LO SGAMBETTO Questa prestazione maiuscola era dovuta anche ad un piano di rilancio per le sue esportazioni che Honda, approfittando di uno Yen piuttosto debole, aveva varato dopo anni nei quali la sua forza aveva “remato contro” le esportazioni. Ma dopo la Brexit lo scenario è cambiato rapidamente (anche i consumatori inglesi frenano l'entusiasmo verso l'auto nuova): il voto ha provocato un riallineamento delle valute mondiali, lo yen giapponese è aumentato e sta causando difficoltà a tutti gli esportatori dal Giappone. Il piano per aumentare le esportazioni era stato deciso nel 2015 dal nuovo CEO Takahiro Hachigo, che aveva pensato di convertire in un vantaggio l'eccesso di capacità produttiva delle fabbriche giapponesi grazie al già citata indebolimento dello Yen, scivolato in basso rispetto al dollaro e altre valute. Alla fine del 2015, Honda aveva esportato 26.802 auto veicoli in Nord America, un aumento del 153% rispetto al 2014. E la tendenza si era consolidata nel 2016, quando le esportazioni dei primi 5 mesi dell'anno erano balzate a 27.480 auto, suddivise fra la compatta Fit (è il modello che è cresciuto di più e ha venduto 20.534 esemplari importati e 1.817 costruiti in loco; nel gennaio-maggio 2015 ne erano state importate soltanto 50 unità), la Accord Hybrid e la Acura RLX.

C'È CHI STA PEGGIO Alla fine della scorsa settimana la valuta giapponese si è apprezzata del 3,7% rispetto al dollaro dal 1° giugno. Se il 23 giugno, il giorno del referendum, il dollaro valeva 104,95 Yen, l'11 luglio il Biglietto Verde era sceso a 100, 49 Yen. Eppure Honda non soffrirà molto da questo rialzo, dato che esportato globalmente dal Giappone soltanto 51.385 veicoli nei primi cinque mesi del 2016, una cifra che è un piccolo 2,5% della sua produzione. Le insidie più dirette della Brexit nascono dalla possibile applicazione dei dazi doganali dato che il Regno Unito uscirebbe dall'area del libero mercato europeo (leggi come questa prospettiva influenza il destino della Mini). Basta pensare che una quota fra il 75 e l'80 % della produzione degli stabilimenti inglesi di Toyota e Honda è destinata ai Paesi dell'Unione e un eventuale dazio del 10% sarebbe difficilissimo da recuperare con aumenti della produttività. Anche Nissan rischia, dato che il suo stabilimento di Sunderland è il più grande del Regno Unito: impiega 6.700 persone e vanta una produzione annua di circa 500 mila veicoli. Gli analisti dicono però che Nissan sarà facilitata nella sua modulazione della produzione in Europa dall'alleanza con Renault e quindi ben più a rischio sarebbero gli impianti Toyota (sapevi che Toyota e Nissan erano finite nei volantini a favore del Leave?) e Honda. Occorrerà del tempo per capire l'evoluzione della situazione, anche perché una sterlina debole, se potrebbe compensare eventuali dazi, aggraverebbe la situazione dello yen. Masahiro Akita, analista del Credit Suisse, ritiene che un aumento dell'1% dello yen verso le altre valute taglierebbe il risultato operativo dei costruttori giapponesi del 2,5%, con Mitsubishi e Mazda particolarmente vulnerabili.

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