Boom di auto elettriche in Cina: l'autonomia non fa paura

Boom di auto elettriche in Cina: l'autonomia non fa paura Le elettriche low cost proliferano in Cina grazie ai maxi-incentivi che fanno dimenticare l'autonomia ridotta. Cosa succederebbe in Italia?

Le elettriche low cost proliferano in Cina grazie ai maxi-incentivi che fanno dimenticare l'autonomia ridotta. Cosa succederebbe in Italia?

12 Gennaio 2017 - 04:01

L'elettrificazione delle automobili, insieme alla guida autonoma, sembra essere il futuro dell'automotive: molti Costruttori hanno presentato prototipi ma i difetti continuano ad esserci, e pure grossi! Il prezzo d'acquisto è infatti mediamente alto e l'autonomia lascia spesso a desiderare: aumentare la capacità delle batterie risolve il problema della basse percorrenza ma aumenta ancor di più il prezzo (la Porsche Mission-e sorpresa in collaudo non sarà sicuramente a buon mercato) e la difficoltà della ricarica. Eppure una formula per diffondere le auto a batteria sembra esserci: prezzi bassi e incentivi alti fanno dimenticare lo scarso chilometraggio, come verificato ultimamente in Cina!

AL DIAVOLO L'AUTONOMIA, IO RISPARMIO! L'Impero del Dragone sembra avere due facce, una inquinante e inquinata e l'altra che spinge verso motorizzazioni a zero emissioni locali. Lo strabismo è però solo apparente: si tratta di una successione di eventi vissuti da un Paese che ha visto un'industrializzazione selvaggia, sostenuta anche dal massiccio uso del carbone come fonte energetica, e che poi ha sperimentato i gravi effetti collaterali di uno sviluppo disordinato. La “chiusura” di intere città per lo smog ha quindi indotto le Autorità a varare massicci piani di sostegno alla mobilità elettrica, cosa che ha indotto Volkswagen a puntare sulla Cina per l'elettrificazione della gamma. Allo stato, però, sembra che gli automobilisti cinesi quadrino il cerchio dell'elettrico economico con auto low cost che sfruttino al massimo gli incentivi statali, sacrificando a questa convenienza stile e autonomia.

NON BELLE MA PIACCIONO Scarso interesse stanno quindi suscitando le auto con l'effetto “wow”, come le Tesla o le Denza (marchio cinese nato da una joint venture tra BYD e Daimler), a favore di modelli più dimessi, meno fascinosi e incapaci di macinare centinaia di chilometri ma economici ed efficaci per il piccolo cabotaggio. Queste piccole auto, anche ibride plug-in, godono di generosi incentivi statali (leggi delle vele dell'auto elettrica in Cina gonfiate dal vento degli incentivi) e sono prodotte praticamente soltanto da Aziende locali, come Chery, BYD e BAIC Motor, anch'esse sovvenzionate dallo Stato. Gli incentivi stanno funzionando: nei primi 11 mesi del 2016 i veicoli elettrici e ibridi plug-in hanno aumentato le vendite del 60%, arrivando a 402 mila auto, una cifra che rende l'obiettivo delle 5 milioni di unità entro il 2020, se non raggiungibile, meno inverosimile. Per capire la grande spinta degli incentivi consideriamo la piccola Chery eQ, molto simile alla Daewoo Matiz: 22,3 kWh di batterie, motore da 41,8 kW di picco e 1.128 kg di peso a vuoto. Le sue due versioni costano 159.900 e 164.900 Yuan, che crollano a 69.800 e 74.800 Yuan con gli incentivi, per un prezzo finale di 9.600 e 10.280 euro rispettivamente. Le finiture non sono principesche ma Xie Chaom impiegato di Shanghai, sintetizza bene il concetto: “Le automobili elettriche EV sono molto economiche qui in Cina. Per andare a lavorare e per l'utilizzo cittadino, entro i 100 km, vanno bene”.

SOLO PER MUOVERSI Dal 2015 Xie, proprio sfruttando gli incentivi, ha comprato 3 elettriche: la sua, quella della moglie e una che affitta. In effetti un altro driver per le auto EV è il fatto che a Shanghai, Pechino e in altre grandi città è difficilissimo immatricolare auto nuove (questo aspetto era emerso già nel 2013, quando si parlava del fatto che per lo smog le auto in Cina costavano 10 mila euro in più) che non siano elettriche o plug-in e quindi molti hanno comprato un'elettrica soltanto per poter avere un'auto nuova. Il concetto di utilità è ribadito anche da Zhang Dawei, CEO del venditore EVBuy, nel commentare le buone vendite della Chery eQ: “L'auto ha una qualità abbastanza decente a un basso prezzo. È uno mezzo di trasporto e serve soltanto a muoversi, non per mettersi in mostra, portare in giro tutta la famiglia o per avere tecnologie all'ultimo grido”. Rimane il fatto che i maxi-incentivi saranno gradualmente diminuiti fino al 2020 e sono accessibili ai Marchi stranieri soltanto per le auto prodotte in joint-venture con Aziende locali: queste ultime, pur non avendo il prestigio di quelle consolidate, costano di più rispetto a quelle puramente cinesi.

GLI INCENTIVI CREANO DIPENDENZA? L'equivalente della Nissan Leaf, prodotta con Dongfeng Motor, costa molto di più di prodotti locali e non sta avendo un grande successo in un settore dove conta solo il prezzo, che i marchi cinesi tengono basso anche a scapito della qualità. Il fatto che gli incentivi andranno gradualmente scemando non viene visto come un problema: Li Yunfei, Deputy chief of branding and public relations di BYD, ha detto a Reuters che “Entro il 2020 la Cina non avrà più sussidi, ma la produzione sarà cresciuta, i costi saranno scesi e si riusciranno a mantenere prezzi che i consumatori potranno accettare”. Domandina finale: quale sarebbe, in Italia, il risultato del mix fra un'elettrica economica e un incentivo che ne porti il prezzo intorno ai 10 mila euro? La percorrenza media annua degli italiani è stata stimata in 11 mila km, equivalente ad un dato giornaliero di circa 30 km e un'auto con 100/150 km effettivi di autonomia potrebbe bastare e, non avendo 100 kWh da caricare, permetterebbe di fare il “pieno” a casa, disinnescando l'obiezione della carenza di infrastrutture. Come si comporterebbe l'automobilista medio di fronte a quest'alternativa, che prevede però auto un po' spartane?

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